Opinione

L’ORA DELLA FOLLIA.

Scritto da Marirosa Tomaselli

E poi ti capita di leggere, un post, una notizia, un commento e niente, il sangue ti va al cervello. Forse dovrei risparmiare il fiato, perché già so che quest’articolo finirà per assomigliare, mio malgrado ad un appello, e gli appelli non se li fila nessuno. Ma non riesco a non scrivere. Questo non è il momento di perdersi in chiacchiere, e non è il momento di perdere tempo a riflettere. Bisogna prendere coscienza.

I problemi di San Severo sono sempre lì, e lì resteranno. Ora fanno da contorno, ora c’è qualcosa di più insidioso che sta bussando alla porta. Non dico di ignorarli, ma tra i problemi endemici, che purtroppo richiedono tempo, sempre che ciò sia possibile, per essere risolti, ed un’emergenza, che si potrebbe almeno contenere, è logico, pensare prima all’emergenza. Chiaramente, occuparsi dell’emergenza non vuol dire smettere di pensare al resto, il contrario, ma ogni cosa è concatenata, spesso siamo portati a pensare a “scomparti”, ci concentriamo su di un elemento, isolandolo e scollegandolo dal resto. Ma non funziona così. È più facile, più comodo, più giusto in termini teorici, ma non funzione così. Quante volte, ho detto che San Severo non era scollegata dal resto d’Italia? Che non era un’isola, felice, o infelice, in base ai punti di vista, a sé stante? Ecco, forse questo concetto deve esserci ricordato da un virus. Forse, noi stessi cittadini, non ci rendiamo conto, che per quanto “particolare” e atipico possa essere il costrutto della nostra città. È comunque parte integrante di qualcosa di più grande.

Anche qui è arrivata l’emergenza. E a San Severo certo, non mancava altro. Anche qui, si sono chiuse scuole, locali, anche qui, ci sono restrizioni, eppure, sembra che molti o alcuni, fate voi, non se ne rendano conto. Soprattutto i giovani e gli anziani. E fa rabbia. Ogni volta che sento un appello, che sia di un rappresentate locale, o meno, sento di dovermi arrabbiare, perché forse non sarà ascoltato. E non è giusto. Le parole, sì se le porta il vento, ma in questo caso, anche le parole hanno un peso. Soprattutto se sono direttive da seguire.

Non creare allarmismi, è giusto, non seminare il panico, anche. Fregarsene no. Se chiudono le scuole, non è perché siamo diventati parte di una qualche”stramba” monarchia, perdonatemi il sarcasmo, e “corona” non è il monile d’oro sulla testa di un qualche strano sovrano, è il nome di un virus, letale, per quanto esistano pareri discordanti, e che può fare molti danni, e sta facendo danni anche alla nostra economia, cittadina e nazionale. Ma più il contagio, aumenta, più aumentano i rischi. Più si leggono notizie, più sembrano bollettini di guerra, soprattutto nelle zone rosse…sì, ma le zone rosse sono lontane, ma neanche troppo. Ci sono casi anche qui, nelle nostre zone, a pochi passi. Ora bisogna agire, agire cambiando le abitudini, smettendo di fare le cose di sempre. Proteggersi per proteggere, ed invece no, ci si ribella.

Oggi, amare San Severo, significa anche chiudersi in casa. Riscoprite i libri, la musica. Il telefono come mezzo di comunicazione per parlare, i locali possono aspettare.

Non sono un’esperta ma non serve un genio per capire una cosa molto semplice.

Locali chiusi, niente lavoro, economia ferma, collasso economico, ma di contro, locali aperti, lavoro, sempre quando c’è, come sempre, uscite luoghi affollati, contagi. Più persone si ammalano, più persone hanno bisogno di cure. E scusate, sappiamo per certo che i nostri ospedali potranno reggere il passo? Spesso anche senza emergenze, si assiste a mancanza di posti letto, a ospedali che sono al loro limite, soprattutto qui al sud( e non parlo solo di San Severo o della Puglia), davvero pensiamo che il corona virus, non comporti tanti ma tanti più problemi? Non voglio aprire parentesi, o paragrafi sul perché gli ospedali in Italia, siano oggi così sovraccarichi o sul loro funzionamento in condizioni normali, sono frutto di scelte che ora non è il momento di sindacare. Ora è il momento di prendere atto di un semplice fatto, non possiamo permetterci un contagio ancora maggiore. Produrrebbe effetti ancora più deleteri. Certo, dopo bisognerà ripartire, e sarà difficile, ma non è meglio dover ripartire, che non averne più la possibilità?

Capisco che i giovani di oggi, si annoino facilmente, ma non sono ancora una “matusa”. E forse è meglio annoiarsi, che ammalarsi, o no? Ad ogni modo questa è davvero l’ora della follia. Non si riesce a capire più nulla, e vale tutto ed il contrario di tutto.

Per il bene della mia città mi auguro che le cose cambino, che la gente capisca, che i giovani stiano alla larga dai locali, per ora, e che questa emergenza passi.

Poi sarà il momento di ripartire. Poi si tornerà alla normalità, poi i problemi di San Severo, quelli soliti richiameranno l’attenzione di sempre. E spero che la normalità torni presto.

Nel frattempo, non stiamo a cercare il “nemico”, non cadiamo in facili isterismi, ma ricordiamoci, che è il momento di non peggiorare la situazione.

 

Circa l'autore

Marirosa Tomaselli

Marirosa Tomaselli, classe 1990, è una giovane scrittrice sanseverese, appassionata anche di teatro e scrittura teatrale, e di disegno. Ha partecipato a numerosi concorsi letterari, ricevendone riconoscimenti ed ottimi risultati. Da anni si occupa di un suo blog, personale nel quale pubblica i suoi lavori, poesie, racconti, alternati ad alcune sue opere pittoriche.

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